Quest'opera nasce da una convinzione: che valga, per l'insieme delle scienze della psiche, quello che S. Freud affermava nel 1922 a proposito della sola psicoanalisi, ovvero che il miglior modo per comprenderla sarebbe stato quello di «seguirne la genesi e lo sviluppo». Qui, pertanto, abbiamo cercato di indicare alcune piste e di delineare una prima cartografia relative alla «genesi» e agli eventuali «sviluppi», ovvero alla storia dell'intero campo delle scienze che si sono date come oggetto o ambito d'indagine qualcosa che è stato chiamato «la psiche»: consapevoli del fatto che alla fine, forse, le scienze della psiche, e con esse la psiche stessa, potrebbero essere state solo un episodio nella plurimillenaria storia della costituzione di sé del soggetto umano in Occidente. Di questa lunga storia molti segni, infatti, sembrano annunciare la fine prossima. Come concepire, altrimenti, la ricerca che attualmente viene svolta nell'ambito di molte scienze contemporanee se non come l'apparizione di forme di conoscenza e di- tipi di sapere il cui statuto scientifico è indubitabile e il cui valore di verità indiscutibile, ma i cui esiti e i cui effetti, tra gli altri, comportano la progressiva dissoluzione (certi pudori impiegano del tempo a cadere) delle categorie e dei concetti per mezzo dei quali è stata per secoli pensata la soggettività umana, e in primo luogo l'idea stessa di una psiche?
Sia chiaro: non stiamo scrivendo, qui, a favore di una psiche (o di una mente, o di un cervello, o di una concezione particolare degli uni o degli altri) contro un'altra, e neppure ci accingiamo a levare un lamento per l'anima perduta. I! processo è inarrestabile e irreversibile, e bisogna perfino ammettere che quanto le scienze in questione stanno facendo emergere, è, molto semplicemente, la verità. Significherebbe attardarsi in una battaglia di retroguardia ostinarsi a contestare tutto ciò, in nome dei diritti e dei privilegi perduti di un cuore umiliato e di uno spirito offeso. Il problema che vogliamo porre è un altro. Partendo da una diagnosi, e cioè che siamo entrati in una fase della storia delle scienze della psiche in cui, sotto le specie di una rinnovata alleanza con la ricerca fondamentale, e con quella biomedica in particolare, abbiamo assistito alla costituzione di nuovi campi (dalla neurobiologia alla neuroendocrinologia, dalla neurofisiologia alla neurochimica, alla neuropatologia), che convergendo hanno presieduto alla riorganizzazione di discipline antiche. Abbiamo cosi visto nascere e consolidarsi la neuropsicologia, rinascere la neuropsichiatria, e infine affacciarsi qualcosa come una neuropsicoanalisi. Sullo sfondo di un simile, irreversibile, rivolgimento, qualcuno ha visto profilarsi l'orizzonte di quella che è stata chiamata una vera e propria «neuropolitica». La stessa vecchia psychologia rationalis, dopo essere stata chiamata tra '800 e '900 a diventare scientifica, continuando tuttavia a conservare la propria specificità definita dall'indagine su di un tipo peculiare di causalità, appare oggi destinata a convertirsi in una nuova scienza della mente, dove tuttavia sembra venire chiamata a svolgere solo la funzione ancillare di apparato descrittivo al servizio delle esigenze di altri campi, innanzitutto quello psicopatologico e psicoterapeutico. I quali risultano anch'essi sottoposti a un rivolgimento radicale dal mutamento dell'assetto epistemologico generale del campo della psiche a cui abbiamo alluso. La psicopatologia, riscoprendo le vecchie eziologie ereditarie e le predisposizioni alla patologia mentale, ma con un grado di affidabilità e di capacità predittiva, grazie al soccorso degli strumenti d'indagine offerti dalla ricerca biogenetica, mai sperimentati prima; la psicoterapia, affidandosi a una batteria di strumenti che vanno dai protocolli controllati agli interventi psicofarmacologici, con all'orizzonte l'eventualità neppure troppo remota di poter monitorare, attraverso le tecniche di imaging, gli effetti in tempo reale di un'interpretazione in corso di seduta o dell'intrusione di un affetto, nella riconfigurazione della dinamica neuronale nel cervello dei pazienti. Insomma, grazie agli sviluppi della ricerca biomedica e tecnoscientifica, siamo alle soglie della realizzazione di un sogno che se forse non è millenario, certo è diventato oggi assai influente e una posta in gioco decisiva negli sviluppi futuri delle nostre società: quello di una spiegazione virtualmente integrale e scientificamente rigorosa dello psichismo umano, di cui siamo ormai in grado di indicare il substrato organico, insieme ai correlati anatomo-fisiologici e biochimici delle istanze alla cui luce è stato a lungo concepito, e agli eventuali disfunzionamenti nel sistema di relazioni tra memoria procedurale e memoria dichiarativa che alterano i processi del pensiero.
Psiche è dunque il titolo di un problema; il sottotitolo, Dizionario storico, allude, se non alla soluzione - del resto impossibile, dal momento che la storia, almeno per come ci ha insegnato a concepirla tra gli altri Freud, si dedica a disfare, e forse dissolvere, certezze e illusioni - almeno a una delle piste che vale la pena di percorrere nel tentare di affrontarlo. Per farlo ci è parso non vi fossero che due vie. La prima l'aveva perfettamente delineata J. L. Borges, sostenendo che ogni atto (e ogni pensiero) «è l'eco di altri che nel passato lo precedettero», il fedele presagio «di altri che in futuro lo ripeteranno fino alla vertigine». E il principio che sta a fondamento di una delle convinzioni pio profonde e radicate della cultura occidentale, quella secondo cui le parole hanno sempre conservato lo stesso significato e le cose sempre la stessa identità. Si trattava solo di attendere il momento in cui le seconde avrebbero potuto finalmente rivelarsi attraverso le prime e queste finire cosi con l'accordarsi con le seconde. Per parte nostra preferiamo piuttosto un' altra via, e pensare, con R. Char e qualche altro, che se la storia degli uomini è «la lunga successione dei sinonimi di uno stesso vocabolo», allora «contraddirvi è un dovere».
«Psiche» è dunque un designatore non troppo rigido, di cui è necessario tracciare i contorni storico-concettuali. Ma ciò sarà possibile solo a condizione di considerare che nella sua definizione, e al contempo nella sua costituzione, entrino, a tutti gli effetti, anche i saperi che se ne occupano, cosi come quelli che se ne sono occupati nel passato più o meno recente. E che dunque sia un oggetto intrinsecamente, e costitutivamente, storico. Certo non è ancora giunto, al riguardo di tale storia, il momento dei consuntivi, dei bilanci definitivi, poiché manchiamo della «giusta distanza»: la prossimità dei problemi, delle urgenze e in qualche caso dei drammi e delle tragedie che hanno caratterizzato la storia dei saperi, della conoscenza, delle discipline, delle scienze e delle tecniche che nel XX secolo sono state edificate a ridosso di qualcosa come la psiche, è forse ancora eccessiva perché ci si possa dedicare all'esercizio, che si vuole rassicurante e pacificato, dei bilanci, ovvero al computo sereno di ciò che è vivo e di ciò che è morto, di ciò che è destinato a durare e di ciò che ha rivelato un'inesorabile caducità, nella storia delle formazioni culturali e scientifiche del '900 che si sono dedicate a questo strano oggetto che è la psiche, o che si candida a prenderne il posto, mente o cervello che sia. E infatti quelle urgenze, quei problemi e quei drammi sono ancora, in gran parte, i nostri. Eppure di una mappa abbiamo comunque necessità; di una mappa capace di fornirci alcuni punti di riferimento e di orientamento, provvisori e rivedibili, ma ciò nondimeno indispensabili, almeno per chi si affaccia solo oggi sulla scena dei saperi contemporanei che si danno come oggetto la psiche o che si sono formati nel punto esatto in cui hanno cominciato a dissolverla.
Il tentativo dell'opera è stato soprattutto quello di associare campi disciplinari diversi e di costringere, alla lettera, gli uomini del mestiere a fare i conti con una prospettiva - quella della storia delle rispettive discipline, dei diversi oggetti, delle varie forme di operatività - di solito trascurata nelle opere di sintesi o di sistematizzazione delle scienze, come se la storia avesse solo un ruolo marginale, tutt'al più ornamentale o celebrativo (la funzione antiquaria o quella monumentale di cui parlava Nietzsche) una volta che un certo campo disciplinare ha superato la soglia della positività scientifica. Tutte le voci, infatti, a parte poche eccezioni, sono state redatte da «praticanti», e non da storici di professione, in modo che fossero costretti a ricostruire i concetti diventati operativi (nelle pratiche rispettive) e le pratiche rielaborate in concetti, ma all'interno della dimensione storica. Nella storia si trattava di andare alla ricerca delle interferenze, delle contaminazioni, delle «origini impure», dei conflitti e delle con_roversie, delle esitazioni e delle rettifiche. Insomma, non si trattava di tracciare il lento cammino della ragione per portare alla luce l'ignoto (o il non ancora noto, ma da sempre in attesa di essere disseppellito), bensì di ricordare la complessità della genesi delle discipline, dei campi, degli oggetti che si occupano di quanto costituisce ciò che è più proprio dell'umano - almeno per le nostre società. Tale esercizio critico, crediamo, può aspirare a mostrare la precarietà e l’incertezza di ogni costruzione concettuale e scientifica allorché riguarda quel soggetto che si istituisce a oggetto della propria indagine, e può rappresentare una sorta di invito alla cautela e a un salutare «scetticismo»…