Dalla Premessa
Non c'è quasi lettore che non sappia cos'è un dizionario: un elenco di voci in ordine alfabetico. E non c'è quasi dizionario (o enciclopedia) che non si iscriva entro il retaggio illuministico, che non tragga dall'enciclopedismo del Settecento due postulati tuttora vitali nell' approccio al sapere. Il primo presuppone che la conoscenza di un argomento può essere immaginata come totale, e che va dunque perseguita con tutta la passione e la cura possibili, cosi da diventare risorsa per la fantasia, strumento di edificazione personale, elemento di critica sociale. L'altro postulato consiste nell'ammettere che le tensioni inevitabilmente accumulate dall'incremento di conoscenza - fra inclusione e selezione, vocazione eclettica e vocazione sintetica possono essere tenute sotto controllo da un marchingegno semplice come l'abbiccì.
Il presente dizionario fa sue queste venerabili convinzioni nel momento in cui investe un ambito particolarmente complesso e problematico della storia contemporanea: il fascismo. Per riprendere da un altro dizionario -lo Zingarelli- la più semplice delle definizioni, «fascismo» deriva «dal fascio littorio», simbolo del Partito nazionale fascista. Ma comunque si voglia definire il fascismo, non si può che riconoscergli una portata più larga dei ristretti confini della penisola italiana e un impatto più duraturo del Ventennio. Capire il fascismo è indispensabile per rendere conto sia del drammatico declino dell'Europa nella prima metà del XX secolo, sia dell'inesausto sforzo compiuto dagli europei dopo il 1945 per costruire un continente diverso: un’ Europa fondata sui diritti dell’ uomo, unita eppure elastica, coesa, eppure aperta abbastanza da scongiurare il ritorno di camicie nere, camicie brune, movimenti nazionalisti più o meno violenti. Capire il fascismo vale inoltre a spiegare il carattere indelebile del marchio lasciato dal regime sul corpo della società italiana: la dittatura di Mussolini è durata appena vent' anni, ma sessant' anni dopo la sua fine la vita politica e la memoria collettiva sembrano ancora risentirne gli effetti, non foss'altro sotto forma di esorcismo.
Questo Dizionario del fascismo fa suo un ulteriore postulato dell'enciclopedismo settecentesco - un'idea quasi inattuale in tempi come i nostri, tanto meno eruditi e tanto più evasivi di quelli: si presume che illustrando le numerose, inaspettate, addirittura casuali connessioni fra singoli temi elencati in ordine alfabetico si possano ridefinire le coordinate di un problema complessivo, fino a suggerire per esso nuove soluzioni interpretative. Si consideri il caso di due voci come «Regime» e «Stato totalitario».
A un primo sguardo, sono argomenti così spesso trattati da riuscire ovvi. A guardar meglio, sono nozioni così dense di significati che un dizionario del fascismo non può accontentarsi di comprenderle all'interno del proprio lemmario. Oltreché attraverso la strada maestra della voce che vi è espressamente dedicata, territori storici tanto vasti e accidentati vanno esplorati attraverso una molteplicità di strade secondarie, stanando il fatto recondito e insieme riconoscendo il fatto generale, rincorrendo il fascismo nei più minuti recessi della società italiana e insieme cogliendone la natura centrifuga, esorbitante, globale.
Nel caso del fascismo, la forma-dizionario tanto più si raccomanda perché le conoscenze storiche sull' argomento -per quanto estese- tuttora si sottraggono alla sfida di una sintesi. Oggi come oggi, la discussione su cosa il fascismo sia stato e su cosa sia, sul ruolo che ha giocato nell'Italia del Ventennio, sui metodi d'approccio più indicati per studiarlo è tornata a impegnare la comunità degli storici e perfino l'opinione pubblica. Ma per un paio di decenni prima del passaggio di secolo, lo studio del fascismo aveva conosciuto una sorta di eclissi. Durante gli anni ottanta e novanta, gli storici dell'Italia contemporanea si erano dedicati piuttosto alla ricostruzione delle vicende di guerra, della Resistenza e delle origini della Repubblica. E quand'anche si erano rivolti al Ventennio, avevano abbandonato il terreno del biografico e del politico - direttamente afferente a Mussolini e alla dittatura- per privilegiare percorsi più indiretti, esplorando questioni di storia della società, della cultura, delle mentalità che poco avevano a che fare con i cliché interpretativi sul duce e sul regime veicolati dalla tradizione resistenziale e rilanciati dalla storiografia antifascista.
L'eclissi del fascismo dal firmamento degli studi negli ultimi decenni del Novecento va spiegata con la crisi dei due modelli interpretativi che più avevano orientato la discussione e animato la ricerca nei decenni precedenti: il modello marxista e quello derivato dalle scienze sociali americane. Ma nel rendere ragione di questa eclissi, si sbaglierebbe ad affidarsi al solo criterio dell'euristica senza tenere in conto dinamiche generazionali. Per le leve intellettuali degli anni sessanta (come già per quelle che le avevano precedute) il fascismo era il nemico da conoscere al fine di meglio combatterlo, o al fine di prevenirne la rinascita. Per le leve intellettuali degli anni ottanta, la relazione fra soggetti e oggetti di ricerca non si configurava più in termini tanto meccanici. Comunque, erano altri i cantieri storici che richiedevano di essere aperti, altre le questioni che si imponevano all' attenzione di chi per professione o per vocazione era curioso del passato: interessavano microstorie di borghi e di villaggi, vite di donne piccole o grandi, avventure e disavventure comunitarie che rimandassero a una dialettica generale fra istituzioni e culture e a foucaultiane microfisiche del potere, indipendentemente dall'epoca in cui avevano avuto luogo e dal regime sotto cui si erano svolte.
Per giunta, gli anni ottanta e novanta hanno assistito al grande ritorno, nell' agenda degli storici, del tema della violenza: il XX secolo è parso allora ruotare intorno al bolscevismo e al nazismo, intorno all'Unione Sovietica e alla Germania strette nella morsa dei loro contrapposti totalitarismi. Da un simile punto di vista, il fascismo e l'Italia non potevano che risultare fuori cornice, un fenomeno e un contesto marginali nella battaglia dei titani. La preminenza stessa riconosciuta all'Olocausto nella storia del Novecento europeo ha avuto effetti contrastanti sull'interpretazione storica del Ventennio. Da un lato, ha spinto gli studiosi a prendere sul serio l'antisemitismo fascista e la politica razziale nell'Italia degli anni trenta. Dall' altro lato, ha contribuito a fare della distruzione degli ebrei d'Europa una responsabilità tutta tedesca, o addirittura un evento troppo straordinario e orribile per essere piegato a una qualche forma di razionalità storica; con il risultato di scoraggiare paragoni sistematici fra la Germania di Hitler, l'Italia di Mussolini e gli altri regimi fascisti di quegli anni. In generale, la contrapposizione fra bolscevismo e nazismo come chiave di volta del XX secolo ha oscurato l'importanza della crisi degli stati liberali in Europa e del declino geopolitico del Vecchio Continente. Nel contesto di un secolo di violenza totale, la dittatura di Mussolini è sembrata niente più che un elemento di contorno: un semplice governo illiberale che cercò di barcamenarsi in circostanze sfavorevoli.
Diversi i presupposti da cui muove questo dizionario, e diversamente ambiziosi i suoi obiettivi. Anzitutto, si tratta di determinare la funzione del fascismo nella storia d'Italia. Per riuscirvi, bisogna collocare il Ventennio nella «lunga durata» del Novecento e nel contesto allargato di un faticoso state
bui1ding, di un conflitto politico tra forze rivoluzionarie e controrivoluzionarie risalente al XIX secolo, di un'intera gamma di possibili risposte nazionali, allo sviluppo internazionale del sistema capitalistico. Inoltre, si tratta di riconoscere -sotto il giogo della dittatura- il lavorio di un'intera società. Bisogna rappresentare fin nei dettagli l'ampio quadro delle trame istituzionali, degli accomodamenti economici e sociali, delle strategie culturali attraverso le quali il regime è stato vissuto da milioni di persone: dagli italiani in primo luogo, ma anche da stranieri le cui esistenze hanno finito per essere toccate dal fascismo…