È giunto il tempo di fare un bilancio del comunismo nel XX secolo. Meno di due decenni fa questo sarebbe stato un compito molto più difficile, quando gli stati comunisti coprivano un terzo della superficie terrestre ed esercitavano un influenza molto al di la delle loro frontiere. Il grande cambiamento venne nel 1989 con la caduta del muro di Berlino.
Nell'Europa centrale e orientale i regimi comunisti crollarono uno dopo l'altro in meno di due mesi, sotto la spinta di una protesta di massa e senza alcun intervento da parte dell'Unione Sovietica. Le statue di Lenin furono abbattute, l'eredità della Rivoluzione d'ottobre rigettata. Rassegnati a prendere atto della propria impopolarità, la maggior parte dei partiti al potere si fecero da parte, sciogliendosi o cambiando nome e dottrina. Si installarono nuovi governi non comunisti, sistemi politici multipartitici, economie di mercato. Nel 1991 fu la volta dell'Unione Sovietica. Le riforme di Michail Gorbacev avevano consentito che si verificasse il cambiamento pacifico del 1989 e la fine della guerra fredda, ma anche precipitato il collasso economico e il disordine politico e sociale nel paese. Dopo il fallimento del colpo di stato tentato dai comunisti ortodossi nell'agosto 1991, i leader dell'opposizione ottennero le sue dimissioni e l'abolizione dello stato federale sovietico. Il potere comunista fu cancellato nel suo stesso luogo d'origine.
Oggi soltanto pochi paesi si mantengono fedeli all'ideologia comunista: la Cina, il Vietnam, Cuba, la Corea del Nord. Tuttavia, malgrado i proclami di ortodossia marxista, l'evoluzione della Cina mostra una realtà diversa quella del cammino verso uno sviluppo economico capitalistico senza freni. Anche il Vietnam ha imboccato la medesima strada. Persino Cuba ha aperto la propria economia a un limitato numero di imprese straniere. Soltanto la Corea del Nord resta il custode irriducibile del passato comunista. Nei paesi dove i partiti comunisti non sono mai stati al potere si è verificata una vera e propria corsa ad abbandonare il leninismo e ad abbracciare la tradizione socialdemocratica. Non tutti i comunisti hanno accettato di liquidare loro identità, e soprattutto in Asia e in America Latina piccoli partiti scissionisti l'hanno mantenuta. Ma in gran parte i partiti comunisti soo stati scossi alle loro stesse fondamenta dagli eventi del 1989-91. I partiti espressamente fedeli a Mosca hanno perso il sostegno finanziario che li ha tenuti in vita per decenni. I pochi più indipendenti hanno comunque dovuto cambiare la propria identità. Tutti hanno smarrito la dimensione transnazionale esistita sino agli anni Ottanta, per quanto debole e impallidita rispetto a quella delle origini.
Con il clamoroso collasso di gran parte degli stati comunisti, un' enorme mole di informazione è stata accumulata grazie all'apertura degli archivi. Gli stessi comunisti riformatori hanno reso nota una significativa documentazione segreta prima di perdere il potere. Dopo la caduta dei regimi, l'apertura ha assunto l'aspetto di un' autentica inondazione di conoscenze. Un numero incalcolabile di convegni, articoli, libri, edizioni di documenti sta cambiando le basi del lavoro storico. Questa «rivoluzione degli archivi» non poteva restare circoscritta al mondo degli studiosi, sebbene la sua eco sia per lo più giunta in modo distorto a un pubblico più ampio. L'interesse della pubblica opinione in Europa e altrove è stato infatti prevalentemente catturato da rivelazioni più presunte che reali, comunque non sempre adeguatamente presentate e illustrate. Tuttavia tale interesse appare assai vivo e , non cessa di suscitare controversie nei paesi ex comunisti ma anche in quel li, come l'Italia e la Francia, che hanno conosciuto una forte presenza comunista. E difficile dire quanto ciò riveli una diffusa coscienza del fatto che la vita politica e intellettuale del presente non può essere privata di una comprensione storica del passato, incluso quello comunista. Senza contare il fatto che, se il mondo attuale è molto diverso da quello in cui ebbe luogo la Rivoluzione d'ottobre, le circostanze che portarono i comunisti a espandere la propria influenza - povertà, diseguaglianze, disoccupazione, immobilità sociale, conflitti nazionali, scarsa acculturazione - non sono scomparse dalla faccia della terra. Di certo, un primo obiettivo del Dizionario va indicato nel tentativo di creare un ponte tra le conoscenze specialistiche, soprattutto quelle accumulate negli ultimi anni, e una larga opinione colta interessata alla loro diffusione. La «presenza» del comunismo nel discorso pubblico, e persino nella psicologia e nella mentalità politica, è ancora un dato molto rilevante soprattutto in Europa, ma assai meno lo è la sua conoscenza storica. […]