Dalla Introduzione
Nel presentare, una quindicina di anni fa, la sua nuova Storia d'Italia -questi Annali, com' è noto, ne costituiscono il proseguimento-, 1'editore annunciava che, nei volumi centrali dell' opera, la storia italiana sarebbe stata ripercorsa «secondo la successione cronologica degli avvenimenti e secondo la loro articolazione problematica: politico-sociale, economica, culturale e religiosa» (Storia d'Italia Einaudi, I: I caratteri originali, Torino 1972, p. XXIV); ma, proprio riguardo a quest'ultimo aspetto, sentiva il bisogno di precisare subito dopo: «quest'ultima almeno fino a quando di storia religiosa è possibile parlare in modo autonomo, senza trapassare totalmente in quella politica o in quella culturale». La precisazione intendeva spiegare e giustificare perché la storia religiosa venisse programmaticamente a cessare, come sezione autonoma, già con il III volume, ossia con gli inizi del Settecento; ed erano spiegazione e giustificazione quanto meno singolari e certo molto discutibili, che evocavano irresistibilmente presupposti ed enunciati crociani in un impianto che in realtà, per il resto, non ne risentiva affatto.
Questi ormai lontani antefatti di un'impresa pur così rilevante - ci sembra lo si debba dire - vengono qui ricordati non per riprendere la discussione allora seguitane, dentro e fuori l'ambito dei collaboratori della Storia, né per riproporre, da questo punto di vista, un ennesimo censimento dei limiti e delle lacune che ne derivarono nella ricostruzione delle vicende e dei problemi della società italiana. Ricordandoli si intende invece spiegare alcune ragioni e alcune caratteristiche del presente volume, che ha la Chiesa nella società italiana come suo tema centrale: la Chiesa nei suoi aspetti istituzionali però, e con un forte privilegiamento -nella struttura complessiva e nell'impostazione stessa dei singoli saggi- per le situazioni e i problemi dell'età moderna e contemporanea. È un volume dunque che in qualche modo rappresenta anche, in un' ottica di storia religiosa ed ecclesiastica, un'integrazione, un completamento e un approfondimento -come del resto, per i vari aspetti e le diverse questioni, è funzione comune degli Annali- della Storia complessiva e maggiore.
Alcune ulteriori precisazioni vanno peraltro aggiunte: perché questo volume non intende tuttavia offrire una nuova storia della Chiesa, né della vita religiosa. Combinando saggi cronologicamente circoscritti con altri di più lungo periodo, esso vuole piuttosto proporre, come attraverso scandagli successivi, una mappa dei complessi rapporti e dei reciproci condizionamenti intercorsi tra le istituzioni ecclesiastiche, variamente articolate nel corso del tempo e nello spazio, e l'insieme delle altre situazioni, vicende e realtà operanti nella società italiana. Suo oggetto primario di attenzione e di studio sono dunque le istituzioni ecclesiastiche: ossia quel complesso di strumenti e di forme organizzative, rette da norme che si pretendono stabili, che la Chiesa di volta in volta si è data -o che comunque ha mutuato, incorporato, legittimato- per assolvere, in determinate condizioni storiche, ai compiti che l'idea della propria missione e la sua coscienza di sé le indicavano come suoi propri e specifici.
È tale autogiustificazione soggettiva a rendere inevitabilmente specifico e specialistico l'approccio ai problemi di storia della Chiesa: nel senso che nessuno studioso di cose storiche, che della Chiesa intenda occuparsi, potrà prescindere nel suo lavoro - quali che siano la sua fede e i suoi orientamenti ideali - dal tener conto di tale volontà e di tale consapevolezza come animatrici essenziali dei termini e dei modi di presenza della Chiesa nella storia: un fatto,da trattare, appunto, storicamente come gli altri fatti, valutandone caratteristiche, consistenza, spessore, esiti. Non sarà superfluo aggiungere che tale specificità nell'approccio non comporta di per sé alcuna angusta settorialità nell'indagine: per il fatto stesso che il teatro della missione della Chiesa è tutto nella storia, ogni ricerca di storia della Chiesa reclama l'impegno di cogliere la costante interazione fra le diverse realtà di un contesto che ha nella Chiesa uno soltanto dei suoi protagonisti.
Detto questo e detto cosi, tuttavia, non si è certo detto tutto. Si è fissato un ineludibile punto di partenza, che resta peraltro ancora da definire nei suoi contorni e nelle sue caratteristiche: è un problema insomma, una questione da chiarire e da precisare di volta in volta, assai più che un dato risolto in partenza. Perché l'idea della propria missione e la coscienza di sé come hanno in un libro, considerato «parola di Dio», le proprie radici, cosi trovano nelle concrete situazioni e vicende storiche il loro terreno di applicazione e di realizzazione. Si tratta di due versanti entrambi mutevoli. E muta profondamente perciò anche il loro intreccio: perché varia e si modifica la «lettura» di quel libro ma mutano anche i contesti e le situazioni che ne sono in varia misura l'obiettivo di riferimento.
Con queste considerazioni non si intende certo riaprire o riproporre qui la lunga diatriba sulla natura della storia della Chiesa, tra quanti cioè la vogliono parte o capitolo della teologia, perché da essa ricaverebbe il suo oggetto e il suo campo di studio, e quanti la ritengono invece disciplina storica a pieno titolo, soggetta esclusivamente, come le altre storie, allo statuto ed ai metodi di tale disciplina. Si sono richiamate tali questioni solo per rilevare che anche quando si sia optato per la seconda soluzione, come ormai con sempre maggior frequenza gli studiosi di storia della Chiesa tendono a fare, non si è affatto risolto ancora, in concreto, il problema della specificità dell' approccio che tale studio richiede: perché esso stesso va continuamente riprecisato e ridefinito nel corso del proprio lavoro, stabilendo insieme cosi l'ambito che gli è proprio.
Lo studio delle istituzioni ecclesiastiche offre, da questo punto di vista, un' occasione significativa e assai fertile di risultati. La loro evoluzione nel corso del tempo, il sorgere di nuove, costituiscono un indicatore prezioso del modificarsi, nella Chiesa, dell'idea della propria missione e della coscienza di sé, e rappresentano un tramite essenziale per cogliere lo stretto nesso fra tale idea e tale coscienza e le condizioni storiche concrete in cui esse dovettero attuarsi. Sono, si può dire, una strada privilegiata per misurare e valutare il rapporto della Chiesa con la società.
Oggetto fondamentale per lo studioso di storia della Chiesa, non è un caso che le istituzioni ecclesiastiche rappresentino un tema ineludibile, in tutte le fasi della storia d'Italia, anche per lo storico delle forme di organizzazione del potere. I caratteri di tali istituzioni infatti, come il loro modificarsi nel tempo e nello spazio, riflettono la molteplicità delle forze che, internamente e dall' esterno, agiscono su di esse, in continua e stretta interrelazione con le trasformazioni della società. L'ordinarsi territoriale della Chiesa, il suo organizzarsi in una gerarchia di poteri, l'amministrazione dei suoi beni e dei suoi diritti, l'azione dei gruppi, dei movimenti, dei «corpi» che ad essa variamente si richiamano, costituiscono altrettante aree di intersezione fra potere laico e mondo ecclesiastico: e la fisionomia delle istituzioni ecclesiastiche, le trasformazioni che in esse si registrano, rappresentano un preciso riflesso delle forme di organizzazione della società e del loro evolversi. I diversi assetti politici che si succedono nella penisola italiana nel corso della sua storia -dall'impero carolingio ai comuni cittadini, dagli stati regionali all'unificazione nazionale-, il mutevole ruolo e la varia autonomia che all'interno di essi si trovano ad avere via via i diversi nuclei territoriali -feudi, città, aree alpine o rurali -, il peso e l'influenza dei diversi gruppi dirigenti -dai grandi signori feudali alle aristocrazie comunali, dalle corti del Rinascimento ai patriziati urbani, alle borghesie dell' età delle riforme e dello Stato unitario-, tutto ciò esercita sulle istituzioni ecclesiastiche un'influenza marcata e ben riconoscibile: nei criteri di assegnazione dei grandi benefici, come nel sistema del giuspatronato; nel modificarsi della figura del vescovo o del parroco; nell'azione di confraternite e movimenti religiosi; nell'amministrazione dei grandi patrimoni di chiese e monasteri, e via dicendo. Un'analisi delle istituzioni ecclesiastiche, dunque, è anche una storia più o meno diretta o riflessa delle forme di organizzazione del potere, e ne illustra anzi alcuni aspetti essenziali.