Contributi di Bruno D'Agostino, Fulco Pratesi, Roberto Gabetti, Carlo Olmo, Piero Ugolini, Anna Giannetti, Lando Bortolotti, Rinaldo Comba, Maurice Aymard, Timothy Davies, Liliane Dufour, Gérard Delille, Ilario Principe, Diane Ghirardo, Kurt W. Forster.
Presentazione
Quando si affronta il tema dell'organizzazione del territorio la prima questione su cui riflettere è questa sua particolarità: ovvero che l'habitat è un sistema la cui costruzione -per quanto sia riferibile a uomini o a principi, a comunità monastiche, a famiglie titolate o a classi sociali - non è mai risolta una volta per tutte in una periodizzazione che si riferisca al nome di un sovrano, di un feudatario, di una data comunità storicamente connotata. Perché ogni insedianlento ha un suo precedente e un suo successivo strato di interventi. La trasformazione di un territorio è un processo continuo e, in quanto tale, processo sempre in atto: nello stesso momento in cui scriviamo, con maggiore o minore intensità, si verificano fenomeni che agiscono e si manifestano nell'ambiente. Salvo che non si tratti -è persino inutile dirlo - di un'area protetta e ben recintata: ma pur se si pensa a un'area naturalistica o archeologica, a un'area di riserva insomma, questa - sia pur in modo diverso da altri spazi -subisce, con l'avvicendarsi delle colture o con evoluzione delle tecniche di restauro e di scavo, l'effetto di una trasformazione. Il territorio è dunque uno specchio che restituisce gli eventi umani che vi si sono svolti e che vi si svolgono: ma tutte le norme o le tassonomie che adottiamo per catalogare questi eventi sono sovente armi spuntate al fine di dare conto della natura stessa del territorio e dei suoi insediamenti, i quali sembrano cosí sottrarsi all'egemonia del tempo inteso come succedersi di eventi umani.