Presentazione:
I saggi che formano questo volume degli Annali sono una risposta all’esigenza, avvertita da tempo, di arrivare negli studi di storia della sanità e della medicina ad un più stretto collegamento tra un approccio «interno», attento cioè soprattutto alle vicende delle teorie e delle sperll1ientazioni medico-biologiche, ed un approccio storico-sociale, mirante a collocare la ricostruzione storica della malattia nel suo vario dispiegarsi dentro il concreto ambito di una società storicamente determinata nella sua struttura e nei suoi caratteri.
La periodizzazione ha come momento iniziale la metà del Settecento, una fase in cui, attenuatosi ormai l'incubo dell'antico flagello della peste (rnale che avrà un ultimo sussulto con la peste di Noia - l'odierna Noicattaro, in Puglia - descritta anche da Pietro Colletta), la scienza medica prendeva coscienza della virulenza di una nuova malattia di massa come la pellagra (che aveva cominciato a infierire dagli inizi del secolo tra le popolazioni rurali dell'Italia settentrionale), e si andavano intensificando i tentativi di prevenire o di limitare i danni di un altro dei contagi più letali, il vaiolo. Ed è proprio in quei decenni che in alcuni studiosi della pellagra cominciò a farsi strada la consapevolezza dell'opportunità di inserire il fenomeno morboso in un quadro più vasto, che tenesse conto del contesto sociale, con una indicazione di ricerca che si sarebbe rivelata produttiva e fruttuosa.
Così mentre vari dei saggi qui presentati hanno ricostruito momenti di rilievo centrale nelle vicende del sapere medico e delle dottrine psichiatriche, della formazione professionale dei medici, delle strutture ospedaliere nel lungo periodo, gli altri contributi hanno affrontato il tema della malattia nelle sue implicazioni con la società, operando lungo una serie diversificata di piani: il ruolo dello Stato e delle amministrazioni locali (con i loro interventi o mancati interventi); l'evoluzione dei rapporti di produzione, là dove questi ebbero un ruolo nell'insorgere e nel diffondersi di una specifica malattia (è il caso della pellagra) o nella sua estensione a nuove piaghe (e basterà ricordare quel che significò sul piano della morbilità per vaste zone del paese lo sviluppo della risaia); l'andamento delle realtà demografiche; la stratificazione sociale, con la conseguente incidenza selettiva delle malattie, epidemiche e non; il rapporto città-campagna, con il quadro di degradazione materiale e di carenti strutture sanitarie delle campagne e le sue conseguenze sulla mortalità; le vicende dell'alimentazione, che a volte - è ancora il caso della pellagra- ebbero un peso determinante nella storia sanitaria di intere regioni e che comunque, dato il panorama di generali carenze nutritive, acuirono la ricettività agli agenti infettivi di organismi indeboliti e sottoalimentati; la mentalità delle classi popolari (dalle pratiche della «medicina popolare» alle reazioni di fronte al colera, sino alla diffidenza, dura a morire, nei confronti degli ospedali); l'articolazione del tessuto assistenziale e ospedaliero, sia quello generale che quello indirizzato a mali specifici (manicomi e tubercolosari).
Si è venuta cosi ad operare una integrazione tra varie discipline, dalla storia della medicina e della scienza all'antropologia culturale, dalla storia urbana a quella, delle istituzioni, dalla demografia storica alla storia economica. E questo cercando di tener sempre presenti essenziali esigenze di metodo, prima tra tutte la questione della «traduzione» del linguaggio e della terminologia medica di un passato anche abbastanza recente, con le difficoltà che essa pone nell'indagine storica di fenomeni morbosi come le malattie gastroenteriche, il colera e la tubercolosi.
Rapporto malattia-società, quindi, come filo conduttore delle pagine di un volume che vuole essere il primo risultato complessivo di un indirizzo di studi ormai consolidato, che ha dato validi risultati per una più approfondita comprensione del passato (e anche del presente) del nostro paese e che altri frutti potrà dare inserendosi nel vivo del lavoro storiografico in atto in Italia.

Franco Della Peruta