Dalla Premessa

Economia naturale, economia monetaria, economia creditizia sono formule introdotte nel dibattito storiografico da Bruno Hildebrand, e da allora storici ed economisti hanno dissertato e polemizzato a lungo sulla loro portata e sulla loro applicabilità all'uno o all'altro periodo storico. Concepite in un clima intellettuale favorevole all'evoluzionismo e all'idea di progresso sociale, si diffusero inizialmente come fasi necessarie, come «stadi» del divenire storico, acquistando un notevole credito anche per la possibilità che fornivano di un'interpretazione generalizzata della vita economica dei popoli. Vogliamo ricordare che quasi contemporaneamente un saggio di Karl Rodbertus (1865) sul sistema tributario all'epoca di Augusto apriva la controversia se all'economia antica dovesse essere riconosciuto un elevato grado di sviluppo oppure fosse da considerarsi sostanzialmente un'economia primitiva, e se un'organizzazione economica avanzata potesse realizzarsi con forme diverse da quelle di mercato.
Fu Alfons Dopsch a fissare i termini del problema in un'opera del 1930 che ancora oggi ne costituisce un punto di riferimento obbligato. Egli definiva l'economia naturale come quella in cui «o lo scambio manca del tutto, e allora è economia naturale pura, o le merci vengono barattate direttamente con merci (scambio in natura»>; e teneva in particolare a precisare che tale nozione andava distinta da quella di «economia domestica chiusa» (Geschlossene Hauswirtschaft), formulata da Karl Bücher (1893) e anch'essa vivacemente contestata come estranea alla realtà storica. Non solo, ma bisognerebbe aggiungere, con Gino Luzzatto, che «sono appunto queste sopravvivenze di una economia di scambio in mezzo ad economie prevalentemente chiuse che preparano fin dal X secolo quella ancora lenta rinascita delle economie cittadine».
Nella storiografia italiana questi orientamenti ebbero un'influenza limitata, forse per l'attenzione volta alla storia dei comuni molto più che al periodo precedente. Da noi, i problemi posti dalla successione cronologica delle varie economie sembravano infatti concentrarsi sulla grande cesura tra due parti del Medioevo con fisionomia nettamente distinta. Tra i pochi nomi di rilievo vicini a tali concezioni troviamo quello di Giuseppe Salvioli. Al Volpe invece, Naturalwirtschaft e Geldwirtschaft, concepite rigidamente come momenti storici di vita economica, sembravano impacciare e irrigidire lo studio di Fedor Schneider su Volterra ad essi largamente ispirato. Egli non nascondeva la sua scarsa simpatia per questo frasario, che era «come legare un vivo ad un morto e farli camminare», e neppure si sforzava di renderlo nella nostra lingua, ma lo esorcizzava lasciandolo in quella originale: poteva davvero parlarsi di un contrasto cosi netto, di una rottura nel Medioevo italiano e per di più in Toscana? Non meno aperto il dissenso di Corrado Barbagallo, espresso soprattutto con riguardo alla storia antica.
I saggi del Bücher vennero tradotti soltanto nel 1936. Presentandoli al lettore italiano, Gino Luzzatto riconosceva l'assurdità di considerare i loro stadi di sviluppo «come delle vere e proprie età storiche cronologicamente determinate», ma ne sottolineava l'importanza «come categorie logiche, come tipi ideali, che servano come termine di riferimento per valutare la situazione economica di un singolo paese o di un gruppo di paesi in un'epoca determinata». Sotto questo profilo, come strumenti d'interpretazione della storia economica, li giudicava sicuramente superiori a tutti i tentativi di classificazione che li avevano preceduti, in particolare a quelli di List, di Hildebrand, di Sombart, Ed esplicitamente dissociandosi da Henri Hauser, che l'anno prima li aveva sbrigativamente dichiarati superati, ne apprezzava in particolare il criterio sul quale si fondavano, quello cioè «della cerchia più o meno ampia degli scambi della via che deve percorrere una merce per passare dal produttore al consumatore». Più tardi, applicandoli alla storia medievale italiana, reputava lontana dalla realtà la tesi che considerava predominante nell'età longobarda, come poi «nell'età carolingia e feudale, la cosiddetta economia curtense, cioè un'economia domestica chiusa»; egli era convinto che gli eventi dei primi secoli del Medioevo, per quanto avessero colpito in forma gravissima l'economia di scambio, la caratteristica civiltà cittadina, non l'avessero però completamente distrutta.
È vero che, trasferita sul terreno, la tesi del Bücher metteva a nudo i pregi e i limiti di ogni periodizzazione, questi ultimi accentuati dall'averne fatto una moda storiografica, ma dagli schemi lineari d'evoluzione l'attenzione s'andava ormai volgendo verso i movimenti ciclici; coi loro meccanismi di varia periodicità e i ricorrenti punti d'inversione di tendenza, illustrati con ricchezza di dati dalle ricerche di storia dei prezzi.
Oggi, subentrate altre periodizzazioni, che riflettono un approccio diverso ai problemi del processo economico, incasellato nelle dominanti tematiche dello sviluppo e dell'arretratezza, del dibattito sui gradi dell'economia non è restato molto. La storiografia economica gli è forse debitrice di una visione più concreta delle strutture, attraverso l'analisi globale di formazioni socioeconomiche tipiche, soprattutto alla luce dell'opposizione economia naturale/ economia monetaria, alla quale già Dopsch riduceva in ultima analisi tutte le classificazioni che erano state proposte….