Note dell’Editore:
L'uscita di questo volume cade, per una coincidenza significativa, in un momento di interesse particolarmente intenso per la fotografia, la sua storia, il suo significato, il suo legame con la vita italiana. Le origini del volume sono, comunque, autonome e risalgono al progetto culturale che sotto il titolo di Storia d'Italia ha dato luogo, a partire dal 1972, alla pubblicazione di un'opera di cui gli Annali costituiscono la continuazione e lo sviluppo.
L'ultimo volume (1976) della Storia d'Italia, l'Atlante (che definivamo una raccolta di materiali visivi attinenti alla storia non in forma meramente accessoria, ma come prolungamento del discorso «storico» portato sui linguaggi della visione e della figurazione), si apriva con un saggio di Federico Zeri sulla Percezione visiva dell'Italia e degli Italiani nella storia della pittura. Avremmo voluto già allora dedicare un capitolo alla fotografia, ma la situazione provvisoria del settore - tuttora impegnato nella ricerca e nella sistemazione dei materiali e nella sperimentazione di autonomi criteri storici e metodologici - ci indusse ad allungare i tempi per ampliare lo spazio della trattazione e arricchire di inediti la documentazione, nello spirito di un contributo ai «lavori in corso» che è tipico della Storia d'Italia.
I due autori dell'opera, Carlo Bertelli e Giulio Bollati, partono da premesse e da formazioni diverse, ma concordano nella necessità di collegare la fotografia, come sistema linguistico e produttivo, alle strutture e ai problemi della organizzazione della cultura. Sono entrambi consapevoli di come sia sperimentale e provvisorio il loro lavoro: ritengono tuttavia di avere indicato alcune direzioni di ricerca che forse potranno dare frutti nella riflessione critica di altri studiosi.
Insieme a loro, l'editore sarà grato a chi vorrà segnalare eventuali sfocature e arricchire il discorso, tanto meglio se partendo da una convinzione comune: che la fotografia non vada considerata in isolamento, ma come uno strumento di comunicazione entro un quadro di relazioni storico-culturali che sia il più ampio e aperto possibile.